Il riccio comune (Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758) è un mammifero della famiglia Erinaceidae.
Viene chiamato colloquialmente porcospino, ma l'uso è improprio poiché quest'ultimo termine designa più correttamente l'istrice (Hystrix cristata).[3]
Il riccio presenta caratteristiche morfologiche arcaiche (come la formula dentaria e la conformazione del cervello) che lo accomuna ai primi mammiferi comparsi sulla Terra al termine del Cretaceo, rispetto ai quali non si è differenziato di molto: nel corso di milioni di anni ha solamente evoluto il rivestimento di aculei che tanto lo caratterizza agli occhi dell'uomo.
Distribuzione e habitat
Con numerose sottospecie (Erinaceus europaeus amurensis, Erinaceus europaeus centralrossicus, Erinaceus europaeus concolor, Erinaceus europaeus consolei, Erinaceus europaeus dealbatus, Erinaceus europaeus europaeus, Erinaceus europaeus hispanicus, Erinaceus europaeus italicus, Erinaceus europaeus koreensis, Erinaceus europaeus occidentalis), la specie è diffusa in gran parte dell'Europa, a nord fino alle zone costiere della Penisola scandinava e ad est fino alla Siberia: è stato inoltre introdotto in Gran Bretagna ed Irlanda, dove in alcuni casi risulta nocivo. Durante il XIX secolo è stato inoltre introdotto accidentalmente (esemplari letargici in balle di fieno) in Nuova Zelanda.
In Italia la specie è diffusa con tre sottospecie (oltre alla sottospecie nominale, anche consolei ed italicus) in gran parte del territorio nazionale, comprese Sicilia e Sardegna (le cui popolazioni, così come quelle iberiche, risultano geneticamente ben differenziate da quelle continentali[4]), nel Triveneto la specie vive in simpatria con l'affine (e fino a poco tempo fa considerata sottospecie anch'essa di E. europaeus) Erinaceus concolor.
Descrizione
Dimensioni Misura fino a 25 cm di lunghezza, per un peso che solo eccezionalmente supera il chilogrammo (anche se in vista dell'inverno il peso può raddoppiare): la coda è ridotta ad un moncherino di un paio di centimetri di lunghezza.
Aspetto
Un riccio in natura.Il riccio presenta cranio allungato e con un piccolo cervello, la maggior parte del quale è addetta alla decodificazione dei segnali di natura olfattiva: il principale senso del riccio è infatti l'olfatto. Il tartufo è grosso, nero ed assai mobile: i canali olfattivi sono costantemente umettati da una mucosa. Anche il senso del tatto è ben sviluppato; meno importante per loro è la vista, in ogni caso i ricci sono in grado di vedere fino a 30 m di distanza di giorno e fino a 12 m di notte. Nonostante le piccole orecchie seminascoste dal pelo, i ricci sono infine in grado di udire frequenze comprese fra i 250 ed i 60.000 Hz, quindi ben dentro gli ultrasuoni: ciò aiuta l'animale nella ricerca del cibo.
I ricci presentano forti ossa mascellari ed una chiostra dentaria di 36 denti: i due lunghi denti frontali, che possono a prima vista sembrare canini, sono in realtà incisivi modificati.
Impronte di riccio: le zampe posteriori lasciano impronte assai diverse rispetto a quelle anteriori.Il corpo è tozzo ed a forma di pera: infatti al muso assai lungo ed appuntito si contrappongono il collo assai corto ed il quarto posteriore arrotondato. Le zampe sono corte e tozze, ma i piedi hanno forma allungata e presentano tutti 5 dita con unghie appuntite: le impronte lasciate dalle zampe posteriori son assai diverse da quelle lasciate dalle zampe anteriori, al punto che possono essere scambiate dai neofiti per tracce di animali di specie differenti.
Gli aculei del riccio: ciascun esemplare ne possiede fino a 6000.Le aree di pelle nuda (cerchi perioculari, orecchie, zampe e naso) sono di colore nero: il pelo è ispido e di un colore che va dal grigiastro al beige: nell'area che comprende la fronte, i fianchi ed il dorso, il pelo cede il posto ad aculei (che poi altro non sono che peli modificati) lunghi circa 2 cm e di colore nero striato trasversalmente di biancastro. Gli aculei sono appuntiti e cavi, presentano carenature laterali e ciascuno di essi è munito di un muscolo innervato che ne permette l'erezione quando l'animale è eccitato od in stato d'allerta: ciascun esemplare possiede fino a 6000 aculei[5].
Oltre a proteggere l'animale da aggressori in carne ed ossa, gli aculei prevengono anche seri danni dovuti ad urti o cadute: ciascun aculeo, infatti, nei pressi del follicolo pilifero presenta un restringimento che lo rende flessibile, in modo tale da assorbire urti anche di una certa entità.
Un riccio "biondo".Nei ricci è presente una mutazione recessiva che porta alla nascita di esemplari dal pelo uniformemente color crema, anche se con occhi di colore nero (dunque non si tratta di albini): tale mutazione è particolarmente frequente sull'isola di Alderney. Pare che i ricci con questa mutazione (cosiddetti "biondi", mentre su Alderney essi vengono denominati spike girls, "ragazze coi piercing") non vengano attaccati dalle pulci.
Biologia
Il riccio è un animale esclusivamente notturno: si pensa che le abitudini notturne non siano tanto una necessità dettata da esigenze di difesa, in quanto la cortina di aculei di cui dispongono li rende praticamente invulnerabili ai predatori, quanto piuttosto di un adattamento allo stile di vita delle proprie prede, che sono molto più abbondanti durante la notte. Nonostante appaia un animale goffo e generalmente si muova lentamente, il riccio è in grado di correre velocemente e si dimostra anche un ottimo nuotatore.
Durante il giorno riposa nascosto nella sua tana, costituita solitamente da una cavità del suolo posta nel sottobosco, fra i tronchi e le foglie cadute. Durante la notte esce alla ricerca di cibo, percorrendo tragitti sempre uguali: non teme di attraversare spazi aperti in quanto è ben protetto dalla corazza di aculei. Generalmente i maschi definiscono dei propri territori di circa 3 km, anche se si muovono in territori di caccia che possono estendersi fino a 30 ettari. Le femmine, che si spostano più lentamente, hanno campi d'azione massimi di una decina d'ettari di superficie. Generalmente, gli esemplari che vivono in ambienti aperti si muovono di più rispetto a quelli che si stabiliscono in aree boschive o riparate.
Quando un riccio incontra un possibile pericolo, normalmente reagisce immobilizzandosi e drizzando gli aculei sul dorso, poi, se l'intruso lo tocca, appallottolandosi su sé stesso. In questo procedimento, il riccio è aiutato da una fascia muscolare sulla schiena, che contraendosi va a stringere in un sacco cutaneo tutto il corpo e gli arti. L'aggressore si trova così dinnanzi un'impenetrabile cortina di spine: questa tattica tuttavia risulta inefficace con le volpi, che urinando sull'animale appallottolato lo costringono ad uscire dalla corazza, per poi finirlo mordendolo sul delicato muso, e con le automobili, di fronte alle quali l'animale si appallottola, venendo inevitabilmente travolto ed ucciso. Sono infatti fra i due ed i tre milioni i ricci che ogni anno perdono la vita in questo modo mentre attraversano le strade, tanto che nel Regno Unito le popolazioni di riccio vengono monitorate contando il numero di cadaveri ritrovati morti su alcune delle strade più frequentate sia dagli autisti che da questi animali.
Il riccio ha abitudini solitarie e scontrose: tende generalmente ad evitare i contatti coi conspecifici, dei quali avverte la presenza con l'udito o l'olfatto, mentre nel percepire l'avvicinarsi di un estraneo va subito in allerta. Tuttavia, in caso di contatto i ricci non disdegnano lo scontro diretto, che viene risolto in base alle dimensioni ed all'età degli esemplari.
Durante i mesi invernali (fra ottobre ed aprile), il riccio è solito cadere in letargo: tale operazione risulta però piuttosto rischiosa per l'animale, in quanto nel caso in cui esso non abbia accumulato una quantità di grasso corporeo sufficiente nel corso della bella stagione potrebbe morire per inedia. Ciò succede soprattutto agli esemplari giovani. In casi di freddo estremo, l'animale (la cui temperatura corporea scende dai 35 °C soliti ai 10 °C, mentre i battiti cardiaci calano da 190 a 20 al minuto) può anche uscire dal letargo per andare alla ricerca di cibo. Per il letargo, il riccio ammucchia una buona quantità di muschio e foglie secche che fungeranno da giaciglio.
Alimentazione
Per la variegata dieta che assume, risulta essere onnivoro.
Il riccio in natura si nutre di invertebrati di qualsiasi tipo (insetti, ragni, lombrichi, chiocciole, millepiedi, ma non centopiedi -che si difendono a morsi-), oltre che uccelli, comprese uova (spesso si intrufola nei pollai domestici per cibarsene) e nidiacei, rettili ed anfibi; non disdegna nemmeno di mangiare piccoli mammiferi, soprattutto topi, di cui è considerato un cacciatore spietato in quanto uccide gli adulti e dissotterra i nidi per nutrirsi dei piccoli.
La credenza che i ricci si nutrano prevalentemente di vipere si rivela fondata solo in casi eccezionali: l'animale non teme infatti i morsi velenosi, in quanto i denti veleniferi sono più corti degli aculei e raramente riescono a penetrare il rivestimento di peli ispidi che protegge l'animale.
In caso di necessità, i ricci mangiano senza problemi anche ghiande, bacche, frutta, ed altro materiale di origine vegetale (non disdegna neppure i croccantini del gatto, di cui è ghiotto) nutrendosi in casi estremi anche di foglie.
Il latte è un veleno per il riccio, perché non può digerirlo.
Riproduzione
La stagione degli amori cade nel periodo compreso fra aprile ed agosto, con picchi degli accoppiamenti in maggio-giugno. Per chiamarsi tra loro, i ricci emettono dei versi simili a fischi.
Il pene del maschio è piccolo ed aderente al corpo, tranne nel periodo dell'accoppiamento, mentre la vagina della femmina è posta all'estremità posteriore dell'addome ed in entrambi i sessi si trovano cinque coppie di capezzoli. Dopo il rituale del corteggiamento, nel quale il maschio mordicchia gli aculei della femmina, questa per permettere al maschio di montarla senza ferirsi, inarca il corpo verso il basso, in modo tale da appiattire lo scudo di aculei.
La gestazione dura circa un mese e mezzo, al termine del quale nascono in media 4-5 cuccioli. Il parto avviene nel periodo fra maggio e ottobre, quando vi è maggiore disponibilità di cibo: se la femmina si riproduce in anticipo essa può partorire anche due volte.
I piccoli nascono ciechi e sordi, con la parte inferiore del corpo glabra e rosata e quella superiore grigia: essi hanno già gli aculei sul dorso, che sono tuttavia ricoperti da una membrana per proteggere la madre durante il parto. Dopo 36 ore questi primi aculei, bianchi e sottili, saranno sostituiti da nuovi aculei scuri e striati di bianco, mentre verso i 10 giorni di vita un ulteriore terzo mantello sostituirà definitivamente i primi due. A questo punto, il giovane riccio è già in grado di appallottolarsi e di praticare l'autosputo, mentre gli occhi vengono aperti solo attorno alle due settimane di vita. Dopo un mese, i piccoli rassomigliano completamente agli adulti, anche se vengono svezzati e possono quindi dirsi indipendenti attorno al mese e mezzo di vita e raggiungeranno la maturità sessuale attorno all'anno di vita.
La speranza di vita del riccio in natura è di circa 5 anni, mentre in cattività non è raro che viva anche il doppio.
Rapporti con l'uomo Nell'antica Roma, il riccio veniva allevato per la sua carne: inoltre, il pelo aculeato del dorso veniva utilizzato per cardare la lana e come componente dei frustini per spronare i cavalli e per svezzare i vitelli. Col tempo, la fitta copertura di aculei ha fatto sì che il riccio venisse accostato ai capelli, infatti le ceneri di questi animali, mischiate alla resina ed applicate sulla testa, erano ritenute un rimedio sicuro contro la calvizie.
Attualmente, in quanto di proprietà del demanio statale, il riccio è una specie protetta dalle leggi italiane, pertanto non si può né cacciare, né detenere in cattività. Tuttavia il riccio è facile da tenere in cattività e può essere riprodotto con successo senza eccessivi sforzi.
In cattività i ricci, che vengono alimentati con preparati per cani e gatti (sia sotto forma di croccantini che di cibi in gelatina), dimostrandosi inoltre grandi amanti del pesce cotto, possono arrivare a pesare anche 2500 g, il che non è però un sintomo di buona salute.
Molte persone introducono deliberatamente questo animale all'interno dei loro orti e dei giardini proprio per la sua utilità nell'uccidere animali considerati dannosi, come le cavallette ed i topi. Spesso, come ringraziamento per i servigi da loro svolti, il proprietario lascia una bacinella di latte e pane per far alimentare il riccio: il latte vaccino è tuttavia letale per gli individui adulti, che ne sono però golosi, mentre il pane non viene ben digerito e può causare occlusioni intestinali.
Durante lo svezzamento dei giovani esemplari (anch'essi intolleranti al latte vaccino) può essere usato del latte artificiale specifico per cuccioli di cane, addizionato magari con del decotto di semi di finocchio: è necessario tuttavia dosare bene le varie componenti per non provocare la morte dell'animale, che se lasciato libero di farlo, si ingozza di cibo fino a morirne.
Molto spesso, purtroppo, è possibile osservarne individui morti, uccisi dal traffico veicolare durante la ricerca di cibo o di acqua, che li espone, durante le ore notturne, ai pericoli della strada.
Durante il letargo, il riccio dimentica le eventuali esperienze fatte con l'uomo, rendendo così più facile il suo reinserimento in natura all'arrivo della primavera.